Il Parlamento europeo ha raggiunto un accordo sull’emanazione di un salario minimo. Questa può considerarsi una conquista per le Lavoratrici ed i Lavoratori. Sono ormai anni che si sente parlare della tematica, ed il successo oltre al consenso raggiunto dall’argomentazione anche in Italia ha anticipato quanto stabilito in sede Europea.
Tutti d’accordo che debba essere presente una retribuzione minima garantita per ogni ora di lavoro svolto, anche in un Paese come il nostro che vede il sistema legale delle retribuzioni imperniato sulla contrattazione collettiva e la concertazione sindacale. Il dato attuale è che il 98% dei lavoratori e il 99% delle imprese è coperto dalla contrattazione collettiva. Infatti, secondo l’articolo 39 della Costituzione:
“L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.”
Quanto definito in sede sindacale, dovrebbe garantire e stabilire un importo o retribuzione per ogni ora di lavoro svolto di per sé dignitosa e mediata tra le rappresentanze, prendendo in considerazione le diverse posizioni.
Il principio di una retribuzione proporzionata fu sempre stabilito dai Costituenti nell’articolo 36 della Costituzione:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
È vero che a differenza di quello che si pensa, la direttiva non imporrà agli stati membri un valore stabilito per ogni ora di lavoro, ma promuoverà l’utilizzo di misure ancora da stabilire legate alla contrattazione collettiva. Il sistema delle relazioni sindacali è molto fitto ed intricato nel nostro Paese, probabilmente il recepimento della Direttiva diverrà un input per riordinarlo e fare pulizia di quello che non funziona o non è legato alle sigle sindacali maggiormente rappresentative. Ad avvalorare la tesi le parole del commissario UE Nicolas Schmit: “Non imporremo un salario minimo politicamente, non è questo il problema. E penso che questo strumento sia un contributo a questo dibattito”.
Il provvedimento avrà impatto positivo in modo particolare, su quelle fasce di lavoratori poveri ma l’auspicio è che intervenga sul sistema legato alle concertazioni sindacali eliminando una volta per tutte i Contratti Collettivi “pirata” o “gialli”, che trovano la loro libertà di applicazione grazie ad una serie di norme che ne permette la proliferazione. Al fine di fornire qualche dato sulla complessità del sistema, i contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti sono circa 930, anche se la maggior parte dei lavoratori sono concentrati su pochi Ccnl. Infatti il 75% dei lavoratori è impiegato su una cinquantina di Contratti, i restanti Ccnl investono solo il 25% dei lavoratori. In tutti i settori di attività i primi 5 Ccnl maggiormente applicati coprono almeno l’80% dei lavoratori, e in 6 settori su 12 ne coprono più del 90%. In tutti i settori i primi 5 Ccnl maggiormente applicati coprono almeno l’80% delle lavoratrici e dei lavoratori.
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